È una mattina del 1824 e un nobile siciliano decide di vinificare le uve provenienti dai suoi possedimenti di Casteldaccia. Così Giuseppe Alliata di Villafranca scrive una delle prime pagine della storia dell’enologia in Sicilia.
Scopritene con noi i capitoli più salienti.
La storia Duca di Salaparuta è lunga quasi 200 anni
Due secoli fa uno degli esponenti più in vista della nobiltà siciliana, Giuseppe Alliata di Villafranca, cultore del vino, principe del Sacro Romano Impero, che tra i propri titoli nobiliari vantava quello di Duca di Salaparuta, con il quale viene poi battezzata l’azienda, produceva un vino siciliano tutt’altro che ordinario.
La volontà del Duca era quella di produrre un vino innovativo in grado di competere con il modello enologico francese dell’epoca. Teneva talmente tanto al progetto che cominciò a seguire personalmente i lavori in vigna e a vinificare un bianco e un rosso, i primi vini imbottigliati in Sicilia, dando così inizio, con sole 5.000 bottiglie, a una lunga storia che perdura fino a oggi.
All’approccio lungimirante e avanguardistico di Giuseppe Alliata di Villafranca spetta dunque non solo il primato di aver creato le prime bottiglie di vino dell’Isola, ma anche quello – più importante – di aver guardato molto più avanti di altri in Sicilia.
È grazie all’interesse e agli studi del figlio Edoardo che i possedimenti di Casteldaccia resistono alla fillossera. Da uno dei suoi viaggi in Francia torna infatti con le barbatelle americane per preparare il territorio all’arrivo del parassita e, grazie al suo intervento, i vigneti della contrada Corvo saranno gli unici a resistere anni dopo alla fillossera e ad essere in piena produzione.
Dopo un secolo dalla fondazione, è Enrico Alliata a ereditare la passione dei suoi predecessori e a dare sfogo a un’accentuata sete imprenditoriale che lo porta ad arricchire la linea di nuove etichette e a migliorare il livello qualitativo dei vini prodotti. Un incorreggibile visionario il Duca, che animato dal sogno enoico del nonno Edoardo, porta i suoi vini a varcare i confini isolani per giungere fino a New York con premi e riconoscimenti importanti. Alla sua morte nel 1946, Enrico viene salutato come uno dei maestri della moderna enologia.
La figlia Topazia, moglie di Fosco Maraini e madre di Dacia, eredita il suo estro visionario. Alla guida dell’Azienda di famiglia dimostra coraggio, ambizione e diventa simbolo di emancipazione femminile.
Con Topazia, Duca di Salaparuta raggiunge nuovi traguardi. Nel 1959 a Casteldaccia vede luce Colomba Platino, un raffinato bianco per i tempi rivoluzionario sia per gusto che per tecniche di vinificazione e che, dopo 50 anni di storia, continua ad essere annoverato come uno dei classici più amati dell’enologia siciliana.
Ultima Alliata a gestire l’Azienda di famiglia, Topazia ha l’intuizione di cedere l’attività a chi poteva garantirne la continuità imprenditoriale: la Regione Sicilia. Sono gli anni Ottanta e questo è il periodo in cui l’enologia siciliana viene scossa da una vera e propria rivoluzione enoica: il primo Nero d’Avola vinificato in purezza, ovvero Duca Enrico.
Duca di Salaparuta rivoluziona l’enologia in Sicilia
Nato nel 1984 grazie a un uomo che ha creduto fortemente nella potenzialità espressive dei vitigni di Sicilia, Franco Giacosa, che lo ha definito come una delle scommesse più importanti della sua vita, con Duca Enrico Duca di Salaparuta inaugura un nuovo capitolo della storia enoica, a 160 anni dalla sua fondazione. Grazie a Franco Giacosa, il Nero d’Avola, che fino a quel momento era utilizzato esclusivamente come vino da taglio, diventa il principe dei vitigni siciliani e un segno distintivo nel panorama vitivinicolo nazionale.
A distanza di quasi 40 anni, un’enologia innovativa e artigiana continua a esaltare il modo in cui, annata dopo annata, il Nero d’Avola di Duca di Salaparuta decodifica e interpreta la Sicilia.
Non passano tre anni dalla nascita di Duca Enrico che un nuovo progetto regala alla Sicilia del vino un bianco senza eguali, Bianca di Valguarnera. Una sfida per nulla meno ambiziosa della precedente, perché verte non solo sul vinificare un’insolia 100%, ma anche sul considerarlo degno di un lungo passaggio in botte. Così da 36 anni, il bianco barricato ambasciatore del brand continua a farsi riconoscere per struttura, eleganza e longevità.
Questi progetti dalla portata rivoluzionaria sono la massima espressione della Sicilia autoctona e rivelano l’anima enoica dell’Azienda, legata ai territori dell’isola e alle sfide innovative. Ma ci sono ancora altri capitoli interessanti che arricchiscono la storia di Duca di Salaparuta. Curiosi di conoscerli?
Duca di Salaparuta oggi
Alle porte del terzo millennio il sentimento e la passione visionaria sono gli stessi di inizio Ottocento.
È il 2001 quando Duca di Salaparuta passa nelle mani di chi continua, ancora una volta, a credere nel sogno. Il sognatore è la famiglia Reina, che rileva l’azienda di Casteldaccia e compie un passo decisivo per il suo sviluppo, acquistando i territori di produzione: le Tenute.
Una scommessa unica tanto quanto quella di Giacosa è stata la scelta di Vajasindi sull’Etna, acquistata quando ancora i riflettori non erano puntati sui suoli vulcanici. La Tenuta diviene la culla prediletta per grandi sperimentazioni e nuove scommesse enologiche. Qui, con la coltivazione del vitigno francese Pinot Nero, nasce Nawàri, il terzo vino Icona di Duca di Salaparuta che conferma l’ambizione progressista dell’azienda.
Negli anni le Tenute divengono i grembi fertili di nuovi progetti che, utilizzando i diversi terroir di Riesi, Salemi e Castiglione di Sicilia, esprimono a gran voce la Sicilia del vino.
Nel 2021 prende forma Suolo. L’idea è quella di sfruttare solo alcune porzioni di selezionate vigne per allevare solo le piante che naturalmente beneficiano di quello specifico suolo e terroir, mettendo in pratica la zonazione. Nascono così uno Zibibbo, un Cabernet Franc e un Sauvignon Blanc, vitigni autoctoni e stranieri dalla grande impronta varietale.
La stessa Vajasindi, con Lavico, diviene teatro di un progetto che mira a narrare l’Etna più autentico attraverso i suoi vitigni autoctoni.
Così Duca di Salaparuta attraversa due secoli raccontando, con la stessa passione di chi ha iniziato, la Sicilia enoica, ribelle e visionaria, in tutte le sue sfumature, con metodi e tecniche tradizionali e innovativi che conferiscono nuove espressioni a ogni vino pur mantenendone intatta le personalità, che rimane sempre intrinsecamente siciliana.
Una storia di uomini, territori e proiezioni al futuro, che ha trasformato una tradizione rurale contadina in un modello imprenditoriale che resiste ai cambiamenti del tempo. Una storia di continuità enoica che si arricchisce di nuovi capitoli anno dopo anno.
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