Pubblicato il 03/03/2022
Il mondo del vino è ricco di storie interessanti e quella del Marsala ne è un esempio straordinario.
Per quanto, infatti, il Marsala sia oggi bandiera della tradizione enologica siciliana, la sua storia è legata a doppio filo con quella della Gran Bretagna. Continuate a leggere per scoprire il perché!
Marsala, un siciliano che parla inglese
Intorno all’origine del Marsala ruotano le leggende più variopinte, che affondano le radici per lo più nella tradizione orale. Gli archivi Florio restituiscono invece informazioni storiche più attendibili, anche se frammentate a causa dei danni subiti durante la Seconda guerra mondiale.
Sappiamo per certo che l’origine di tutto si colloca sulle coste marsalesi, luogo da sempre vocato all’accoglienza di mercanti e avventurieri provenienti dagli angoli più remoti del mondo.
Qui i Fenici posero le basi della viticultura in Sicilia già in tempi antichi, e sempre qui nel 1773 giunse il mercante inglese John Woodhouse, l’uomo del destino per il Marsala.
Woodhouse approdò nel porto di Marsala e provò nelle taverne del porto un vino locale invecchiato in botti di rovere, che i siciliani destinavano alle occasioni speciali.
Ovviamente se ne innamorò all’istante. Ne rimase talmente colpito che pensò di importarne alcune botti in Inghilterra, aggiungendo però una buona dose di acquavite per non far deperire il vino durante la traversata.
Se questa “aggiunta” avesse l’unico scopo di mantenere la conservazione del vino o se, come suggerito dalla tesi dello storico Rosario Lentini, questa fosse dovuta a una precisa volontà di «conciare» i vini siciliani in modo che potessero essere più graditi ai loro destinatari, non lo sappiamo per certo.
In ogni caso lo scrupolo con cui ci vengono riportate le quantità e le dosi di alcool nelle fonti a nostra disposizione, fa supporre che il Marsala non fu il frutto di un caso fortuito, ma il risultato di una formula vincente.
Woodhouse acquistò 60 botti da 412 litri di vino siciliano, il cui arrivo in Inghilterra fu accolto con favore sorprendente, ma il successo più clamoroso arriverà qualche anno più tardi.
Un contratto conservato tuttora nelle Cantine Florio, datato 19 marzo 1800, testimonia che l’ammiraglio Horatio Nelson, eroe della marina britannica, ordinò 500 pipe (botti da 400 litri) di Marsala, scegliendolo per la sua flotta: Così buono che è degno della mensa di qualsiasi gentiluomo, e sarà vera manna per i nostri marinai, scriverà l’ammiraglio Nelson al suo comandante.
Lo scenario sin qui tracciato ci mostra molto chiaramente le origini inglesi del Marsala, figlio di un’intuizione imprenditoriale straniera cui la vocazione viticola della Sicilia ha dato linfa per la produzione di un prodotto speciale, grazie alla qualità dei suoi vitigni, alla potenza del suo sole e ai profumi del suo mare.
L’obiettivo di Woodhouse era quello di ottenere un vino liquoroso simile al Porto o al Madeira, molto apprezzati dai suoi conterranei, tanto da chiamare la nuova creazione con il nome di «vino ad uso Madeira» o «Sicily Madeira» ma non fu l’unico a cogliere le potenzialità commerciali del Marsala, la cui fama portò presto sull’Isola altri inglesi decisi non solo a produrlo, ma anche a perfezionarne la produzione, come Benjamin Ingham e i Whitaker.
Che gli inglesi avessero capito l’importanza di sviluppare il commercio del Marsala a partire dal miglioramento del contesto produttivo, lo si deduce da un dato significativo: nel cimitero che i Woodhouse fecero edificare all’interno del baglio, la prima croce è titolata a John Christian, che di professione faceva il bottaio. Si tratta di una sincera testimonianza della volontà degli inglesi di impostare una produzione di alto livello anche mediante la scelta di professionisti deputati a migliorare tutti gli aspetti tecnologici, enologici e logistici della produzione del Marsala.
Si racconta anche che John Woodhouse Junior girasse per le campagne del trapanese in sella a un asino alla ricerca dei migliori vini locali, dispensando consigli enologici. Il fatto è ai limiti della leggenda, più documentato è invece l’operato di Benjamin Ingham che, dal 1830 in avanti, si preoccupò di fornire precise indicazioni ai suoi conferitori per migliorare la qualità dei loro mosti – linee guida inglobate nel 1837 in una circolare dal titolo “Brevi istruzioni per la vendemmia all’oggetto di migliorare la qualità dei vini” – ancora ignaro delle potenzialità imprenditoriali di un italiano, Vincenzo Florio, che di lì a poco avrebbe cambiato per sempre le sorti del Marsala.
Il cambio di rotta del Marsala con Vincenzo Florio
Arrivato anche lui per mare da Bagnara Calabra, Vincenzo Florio acquistò un terreno in un tratto di spiaggia situato fra i bagli di Ingham e di Woodhouse, e lì costruì le Cantine Florio, un vero opificio contemporaneo fornito già delle migliori attrezzature dell’epoca, dove i Florio produrranno nel tempo un Marsala di qualità.
Con la fondazione delle Cantine nel 1833, iniziò una nuova epoca per la città di Marsala, destinata a diventare in poco tempo uno dei centri più ricchi e moderni della Sicilia. Vincenzo Florio non sembrava intimorito dalla concorrenza inglese, anzi si riteneva avvantaggiato dai mezzi di cui disponeva.
Grazie alla flotta di navi mercantili posseduta dalla famiglia Florio e agli ingenti capitali accumulati con il commercio di spezie, le tonnare e l’industria di zolfo, il Marsala dei Florio iniziò a intaccare il monopolio inglese, invadendo i mercati europei e americani ma soprattutto cambiando rotta per conquistare il mercato italiano, una piazza completamente ignorata dai britannici, diventando ben presto l’abbinamento da dessert più in voga tra le famiglie borghesi.
Se volete sapere quali Marsala Florio si sposano perfettamente ai dolci più diffusi della tradizione europea vi consigliamo di leggere questo articolo: Come abbinare il vino a 5 dolci cult della storia della pasticceria.
Fu negli anni ’50 dell’Ottocento che il Marsala italiano sbaragliò definitivamente la concorrenza inglese, grazie soprattutto all’estro di questa famiglia di imprenditori la cui storia copre più di un secolo di successi, non solo commerciali.
Protagonisti indiscussi della Belle Époque siciliana, i Florio si legano infatti al culto del bello, ai ricevimenti, alle corse automobilistiche con la Targa Florio, alle dimore Liberty, al fascino di Donna Franca Florio, la Regina di Palermo, che ha ravvivato la vita culturale della città rendendola un punto di riferimento internazionale delle élite europee.
Quella dei Florio è una storia familiare e imprenditoriale di modernità e innovazione, che ha cambiato per sempre il volto economico e culturale dell’Isola.
Le Cantine di Marsala ne sono una vivida espressione e, ancora oggi, ne portano avanti lo spirito avanguardistico, riversandolo in un’enologia innovativa, moderna e sempre proiettata al futuro.
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