Pubblicato il 11/09/2016
La storia dei Duchi di Salaparuta è fatta di passione, audacia e uno spiccato interesse per l’innovazione. La capacità di saper guardare oltre ha portato gli insigni rappresentanti della nobile famiglia a essere ricordati come pionieri pronti a sfidare qualsiasi avversità pur di realizzare le loro idee visionarie. “Sognatori pragmatici”, i Duchi hanno tracciato sentieri che si intersecano indissolubilmente con le vicende economiche, politiche, socio – culturali della Sicilia. Personaggio degno di nota nella pletora di questi uomini temerari è, senza dubbio, il Duca Enrico, che a 17 anni lascia l’Isola e parte alla volta della Francia, precisamente nella regione di Champagne. È il suo spirito imprenditoriale a spingerlo a intraprendere il viaggio, con l’obiettivo di imparare a vinificare in maniera moderna. La voglia di scoprire tecniche nuove e il desiderio di vedere crescere l’azienda di famiglia lo portano persino a svolgere mansioni da garzone, pur di partecipare attivamente alle operazioni di vinificazione in cantina. Osservando il modo di lavorare l’uva in Francia, Enrico capisce che il successo mondiale dei produttori francesi è dovuto al gusto internazionale cui questi puntano, senza lasciarsi ingabbiare e limitare dalle mode locali. Dopo un paio di anni, nei quali ha fatto tesoro delle tecniche di vinificazione, il Duca torna a Casteldaccia con un bagaglio pieno di nuove conoscenze e con Lagarde, un suo amico francese, di professione enologo. I due, guidati dallo spirito innovatore che aveva acceso i loro animi nella terra degli Champs-Élysées, collaborano per mettere a punto un vino, prodotto dall’Inzolia, rivoluzionario rispetto ai gusti siciliani e partecipano a un concorso enologico organizzato dalla Camera di Commercio di Palermo. È il 1901 e il vino Corvo è eliminato per la sua poca “virilità”, in quanto presenta una gradazione alcolica troppo bassa – basti pensare che ha ottenuto il riconoscimento più alto un vino di 17 gradi. Ma gli sforzi e la voglia di dare forma ai propri sogni vengono ben presto ripagati: a soli 24 anni, nel 1903, Enrico Alliata vede il suo vino Corvo vincitore del Grand Prix Basserman a Roma, come miglior vino bianco costante nazionale. Si tratta solo del primo di una lunga serie di premi ottenuti tra l’Italia, l’Europa e l’America che ripagano il suo coraggio di sperimentare.